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Andy Warhol Pop-Art Commerciale
Arte e Design

Andy Warhol Pop-Art Commerciale

di Mauro Roberto Mirone

Possiamo solo distillare la grandezza della sua arte come grafico, pittore, fotografo, regista, ma soprattutto come personaggio che aprirà una porta attraverso la quale entrare in un nuovo mondo: la pop-art commerciale.

Warhol, a trent’anni dalla sua scomparsa,  con quell’aria timida, solitaria, schiva, educata, gentile e un po’ assente, rappresentò l’incarnazione del sogno americano.

Come artista inventò un personaggio nuovo che irritò, scosse, trasformò il mondo dell’arte ed è, ancora oggi, considerato tra i più misteriosi e intriganti.

Lui stesso ammise che il suo certificato di nascita, datato 1930, era fasullo. Gli esperti lo indicano come una possibile classe 1928. Certo è che morì per un intervento alla cistifellea nel 1987. Andrew Warhola nacque a Forest City, Pennsylvania da genitori cecoslovacchi. Si trasferì a New York nel 1949, città in cui poté esprimere, già dai primi approcci, il suo modo di concepire il genere umano attraverso le sue più nascoste deviazioni.

Inizia come grafico lavorando per Glamour, Vogue, Harper’s Bazaar. Warhol è l’America nel momento in cui l’America è diventata il mondo. Come lo è diventata la bottiglietta di Coca Cola che ha raffigurato.

Il volto di Marilyn Monroe che Andy ha isolato come un’immagine di devozione e moltiplicato.

E’ l’America, ma i suoi concittadini hanno la tendenza non a respingerlo, ma a neutralizzarlo, a diffidarne, confinandolo ai margini tra le eccentricità newyorchesi. E’ la condotta seguita sempre dagli americani nei confronti dei loro autori più imbarazzanti.

Nonostante non fosse mai mancato ad avvenimenti pubblici che avessero luogo nel suo raggio d’azione né a party mondani, amava farsi sostituire da sosia. Andy era ovunque. Nel paese delle infinite risorse, possibilità e delle grandi distanze non se ne accorgeva nessuno. Andy Warhol non ha fatto nient’altro che prendere alla lettera la realtà americana, diventata il bersaglio di tutta una nuova generazione di artisti, transitata prima sotto il nome di new dada e infine di pop art.

New dada ha una radice storica, collegandosi al Dada degli anni Venti tra Duchamp, Man Ray e Schwitters e a un’attenzione rivolta al mondo degli oggetti. Mentre col suo misto di concisione e di ingannevole semplicità pop art è un termine del tutto inedito e effervescente: da qui la sua fulminea affermazione. Supera in realismo gli espressionisti astratti dediti all’Action painting (pittura d’azione; maniera di dipingere che privilegia il gesto) come Jackson Pollock.

Warhol inizia nel mondo della comunicazione per immagini attraverso la porta della pubblicità. Quest’ultima, più ancora che prodotta, viene subìta e consumata con assuefatta passività. La pubblicità non è un progetto aperto, passibile di sempre nuove modificazioni, ma è un qualcosa di definito: scorre, si ripete, scompare. Semplicemente questo. Ed è il simbolo dell’uomo comune a cui Andy dedicherà il suo ritratto. Warhol rielabora le immagini che stanno sotto gli occhi di tutti per sottrarle all’invisibilità, e renderle tanto vedibili da farcele scorgere e conoscere realmente (famosissimo il barattolo Campbell’s Tomato Soup, così come Brillo Soap Pads).

Nel 1962 viene allestita la sua prima mostra di quadri nella Eleanor Wards Stable Gallery di New York. Un solaio in affitto diventa il luogo di incontro per un gruppo di entusiasti sperimentatori riuniti intorno a lui, che più tardi diventerà famoso come Factory. Erano ragazzi giovani e provenivano da diverse classi sociali. Avevano un atteggiamento comune: il rifiuto della convenzione. Artisti, registi, studenti, attori, poeti anticonformisti etero o omosessuali senza distinzione. Persone creative e teste confusionarie,  curiosi e freak della sperimentazione dai quali le idee scaturivano a cascata.

Loro, i collaboratori che seguono la produzione e la realizzazione visuale delle sue opere, rifacendosi ai suoi schizzi. Fra il 1962 e il 1964 vengono prodotti più di 2000 quadri. Frequentatori della Factory furono i Velvet Underground. Il gruppo rock iniziò a fare le prove in una parte dell’appartamento (e Lou Reed non sapeva ancora che sarebbe diventato un’icona del rock).

Andy Warhol era un utilizzatore dell’arte. La usava come uno strumento, capace di imprimere nella coscienza collettiva fatti che si manifestavano sotto gli occhi di tutti, senza che nessuno li percepisse apertamente. Ha accompagnato la trasformazione dell’arte contemporanea nel cammino verso una nuova epoca. Non era un visionario e nemmeno un genio: in lui si concretizzò semplicemente il modo professionale di essere artista che si serviva di tutti i mezzi mediali a disposizione. In futuro si dirà che gli anni della New York di Warhol appartengono alla lost generation, ma la fama di Andy dura ben oltre il tempo che non avremo mai per nutrirci a sufficienza della sua arte.

 

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